Tra le tecniche terapeutiche più antiche - e recentemente riproposte dalla medicina non
convenzionale - un posto di primo piano spetta a quella che gli studiosi del
settore hanno oggi ribattezzato “biblioterapia”, ovvero la cura psicologica derivante dalla lettura di
libri particolari, il cui contenuto è in
grado di attivare processi di autoguarigione.
La buona lettura ci aiuta, infatti, a trovare le
istruzioni per l'uso della situazione che stiamo vivendo; trasforma la nostra
angoscia e ci permette di comprenderla attraverso l'esperienza di un altro,
come attraverso uno specchio.
I cosiddetti manuali di autoaiuto – scritti per
risolvere i problemi e favorire il benessere psicologico di chi li legge –
rappresenta un filone che oggi prospera soprattutto negli Stati Uniti, dove
circolano circa 3700 titoli di questo genere.
Secondo lo psicologo olandese Ad Bergsma
dell'Università di Rotterdam, che all'argomento ha dedicato una ricerca, questo genere di “terapia” ha successo perché:
-
i libri sono facilmente accessibili
-
sono poco costosi
-
garantiscono riservatezza
-
ci danno la soddisfazione di sapere che non siamo i
soli a soffrire di un determinato “problema”.
Diverse ricerche mostrano che ciò che leggiamo
influenza il nostro modo di vedere il mondo.
Raymond A. Mar, psicologo della York University di
Toronto, ha mostrato, in un esperimento mirato ad analizzare gli effetti
dell'esposizione prolungata alla narrativa, che le persone che hanno appena
letto un racconto rispondono meglio a un test sulle interazioni sociali
rispetto a quanti hanno letto un articolo di una rivista.
In effetti, si sta cominciando ad analizzare alcuni
testi con lo stesso criterio adottato per i farmaci, confrontando il benessere
dei soggetti prima e dopo la lettura e paragonandolo a quello dei pazienti che
non hanno letto il libro. Una prassi adottata soprattutto in Gran Bretagna,
dove il servizio sanitario prescrive spesso la lettura come primo intervento
per i casi meno gravi.
Anche se alcuni testi propongono soluzioni smentite
dalle ricerche recenti (per esempio
invitano ad esprimere la rabbia, quando sappiamo che è un modo per mantenerla
viva) o troppo generiche per essere utili, diversi studi europei e statunitensi
confermano l'utilità della biblioterapia.
Scrittura e lettura sono attività meno lontane tra
loro di quanto si possa credere, e sono entrambe forme di autoterapia: come lo
scrittore parte per la sua creazione da testi e storie preesistenti, chi legge
interpreta il testo trovandoci quello di cui ha bisogno in quel momento.
I risultati migliori si ottengono nel trattamento
di ansia, depressione e disturbi con l'alcool di lieve entità, ma anche
insonnia e disfunzioni sessuali, mentre gli effetti su tabagismo e alcolismo
grave sono meno soddisfacenti.
Il fatto stesso di leggere induce un processo
psicofisiologico di rilassamento e migliora il livello di concentrazione.
Secondo John Norcross dell'Università di Scranton,
che si occupa dell'argomento, tutto dipende dal testo scelto, e il fatto
che sia un bestseller, di per sé, non è indicativo.
Le autorità britanniche, all'avanguardia nel campo
della medicina alternativa (nel 1946, ad esempio, hanno ufficialmente
introdotto l'arteterapia in tutti gli ospedali e formalizzato un iter
formativo specifico per gli operatori
del settore), hanno approvato una lista di 35 titoli considerati validi, mentre
negli Stati Uniti è stata pubblicata “The Authoritative Guide to Self-Helf
Resources in Mental Health” (una guida
per la scelta di testi considerati terapeutici) a cura di Norcross e di altri
psicologi.
Un libro sbagliato, infatti, può avere effetti
negativi, secondo gli esperti, visto che
può generare sensi di colpa, o in alcuni casi convincere erroneamente una
persona che il suo problema non abbia soluzione.
Queste ricerche dimostrano il potere fondamentale e imprescindibile della parola
scritta, valore ben conosciuto dall'antica tradizione psicologica indovedica,
che, attraverso la scrittura, ha tramandato le sue conoscenze sacre affinché
gli uomini dell'era attuale potessero elevarsi.
Tali conoscenze, conservate e trasmesse fino a
tarda epoca esclusivamente per via orale, canale privilegiato di comunicazione
della Divina Sapienza, vennero messe per iscritto al solo scopo di preservarle
e di contrastare il progressivo degrado morale e spirituale dell'umanità.
Secondo la Tradizione Indovedica, fu il grande saggio Krishna Dvaipayana Vyasa, che
all'inizio dell'attuale era di Kali, nel 3000 a.C. circa, redasse il Veda
originario suddividendolo in quattro parti (le quattro Samhita o raccolte),
affidando ciascuna di esse ad uno dei suoi discepoli.
Si narra, però, che dopo aver compilato questi
autentici capolavori di letteratura e di poesia e redatto il Mahabharata, in
cui è contenuta anche la Bhagavad-gita,
fosse ancora insoddisfatto. Arrivò allora al suo asrama, sulle rive del fiume
Sarasvati, il grande Maestro Narada, che gli consigliò di scrivere
un'0pera in cui fossero pienamente
esaltate e descritte le glorie infinite del Signore Supremo:
“Le parole che non esprimono le glorie del Signore,
sufficienti a rendere pura l'atmosfera dell'intero universo, sono considerate
dalle persone sante come luoghi di pellegrinaggio per i corvi. Poiché abitano
il mondo trascendentale, le persone perfettamente realizzate non trovano alcun
piacere in esse.
D'altra parte, le opere che descrivono le glorie
trascendentali del nome, della fama, della forma e dei divertimenti del Signore
Supremo e Infinito sono d'ispirazione completamente spirituale, e le parole
sublimi che riempiono le loro pagine sono destinate a rivoluzionare le
abitudini empie delle civiltà deviate di questo mondo. Anche se la loro stesura
presenta qualche irregolarità, queste Scritture sono sempre ascoltate, cantate
e accolte da tutti gli uomini puri che sono animati da una profonda onestà”
(S.B. 1.5.10-11).
Fu così che Vyasadeva scrisse la più vasta e
perfetta sintesi di sapere vedico, lo Srimad Bhagavatam.
Quest'opera maestosa, composta di diciottomila
versi, comincia con la domanda che l'imperatore Pariksit rivolge a Sukadeva
Gosvami: “Poiché tu sei il maestro spirituale dei grandi santi e devoti,
t'imploro di tracciare per tutti gli uomini, e in particolare per chi è in
punto di morte, la via della perfezione. Indicami, ti prego, ciò che un uomo
deve ascoltare, glorificare, ricordare e adorare, ma anche ciò che deve
evitare. Ti prego, rivelami questa conoscenza” (S.B. 1.19.37-38).
Le risposte di Sukadeva Gosvami spaziano dalle
origini dell'universo alla natura del sé spirituale, e costituiscono una fonte
inesauribile di informazioni dettagliate sugli aspetti più diversi dell'eredità
spirituale dell'India.
In questa narrazione sacra, Maharaja Pariksit,
allora lmperatore del mondo e in possesso di tutte le qualità del rajarsi, del
santo re, viene avvertito della propria morte sette giorni prima. Rinuncia,
perciò, al suo regno e si ritira sulle rive del Gange per digiunare e
apprendere la verità spirituale dal suo Maestro Sukadeva Gosvami, davanti ad
un'assemblea di santi eruditi, fino al compimento della profezia.
Oltre a costituire un raro modello di poesia, lo
Srimad Bhagavatam svela i meccanismi e le strutture della società vedica,
scientificamente organizzata, pacifica e basata su un elevato pensiero
spirituale. Fornisce, inoltre, informazioni psicologiche sulla natura della
coscienza, sul comportamento umano e sull'identità dell'essere, e rappresenta
una guida semplice e pratica che permette di raggiungere la più alta conoscenza
di sé.
Perfetto modello di elevatissima e originale libroterapia, lo Srimad
Bhagavatam racconta una lunga serie di storie, una dietro l'altra, in cui nulla
è irreversibile o irrimediabile, e ogni vicenda trova un suo più profondo
significato simbolico e trascendente attraverso prove, elaborazioni e
riflessioni. L'equilibrio raggiunto è sempre una fase transitoria verso nuovi traguardi.
Il testo andrebbe letto come fanno i bambini, che
amano leggere o ascoltare sempre la stessa storia, senza varianti, in modo da
rielaborare gli avvenimenti, in particolare quelli che generano ansia, fin
quando si giunge a conoscere la storia a fondo, e in qualche modo a
controllarla superando le paure.
Queste storie offrono, infatti, strumenti di
problem solving, suggerendo soluzioni a livello profondo e simbolico; attivano
processi di autoguarigione; sono utili per superare difficoltà esistenziali e
anche crisi momentanee; facilitano il recupero dell'equilibrio interiore e
stimolano processi di crescita spirituale.
I personaggi che si muovono in questi scenari sono
figure archetipiche che incarnano le contraddittorie tendenze insite in ognuno
di noi, i membri della propria cerchia familiare e sociale nei loro opposti
aspetti, e possono suscitare forti reazioni emotive attraverso un meccanismo di
proiezione (di cui già parlavano Freud e Groddeck) e una forma di
identificazione che può funzionare sia in positivo che in negativo.
Le vicende narrate esorcizzano incubi sepolti
nell'inconscio, placano inquietudini, aiutano a superare insicurezze e mettono
di fronte alle reali difficoltà dell'esistenza con un linguaggio non
realistico, che è l'unico pienamente recepibile a livello profondo.
Quest'Opera non solo può dare molto conforto e
arricchire il nostro bagaglio
culturale, ma diventare uno strumento terapeutico capace di promuovere la
trasformazione della coscienza e l'apertura a nuove prospettive esistenziali.
Per approfondire:
A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada, “Shrimad
Bhagavatam”, The Bhaktivedanta Book
Trust International, 1996
Bettelheim B., “Il mondo incantato – uso,
importanza e significati psicoanalitici delle fiabe”, Feltrinelli, 1985
Silvera M. “Libroterapia”, A. Solani, 2007
Santagostino P., “Guarire con una fiaba”,
Feltrinelli, 2006
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